Nero d'Ombra
… Nell’opera di Salvatore niente viene rimesso al suo posto, non ci sono più luoghi propri da riattivare nelle loro primarie funzioni, tutto si gioca al di qua o al di là di quei segni.
Non abbiamo più un corpo che non sia definibile per intero a partire dall’abito, e anzi dalla “linea”, dallo stile in cui ci assottigliamo; ci specchiamo così nel vuoto perché lo scambio comporta il flusso e perciò la scomparsa delle resistenze, dei corpi solidi.
Così la pittura si fa leggera, si sdrammatizza o veicola quel dramma estraniato che informa i messaggi del sistema delle informazioni. … Desiderio, passione, bisogna passare attraverso questo assottigliamento e farsi agenti di mutazione, quasi impercettibile, ma continua. Non si tratta ovviamente di una educazione al gusto, si tratta piuttosto del dissolvimento di ogni comunità, assegnabile per esempio al gusto di un’epoca, in favore di uno scambio ininterrotto e impersonale d’intensità cutanee, di vertigini epidermiche. La pittura di Salvatore non dà peso alla propria storicità, con tale atto di riduzione del dramma sottrae emotività alle immagini e ne decreta la natura stereotipata.
… La pittura confonde i tratti e abolisce ogni gerarchia fra un tratto e l’altro, è di natura gestuale, è sintetica e corsiva. A volte, la scelta di una pittura materica, è di una ridondanza cromatica, annulla del tratto l’esistenza stessa, e il glamour resta come contorno, o come oggetto di parodia. Si opera per contaminazione fra segno e immagine, l segno è una perturbazione dell’assetto dell’immagine. I disegni, impeccabili come quelli di un figurinista, finiscono per definire le immagini, fanno perdere loro consistenza a causa di una ricercata retorica del non-finito, che destruttura e che non asseconda il loro connaturato voler darsi a vedere. Segni che non appartengono al linguaggio della pubblicità, immagini che non appartengono alla pittura.
Con questo scambio compiuto sulla superficie spumeggiante dei linguaggi d’artista, portando alle estreme conseguenze una logica interna am sistema e vendicare il corpo, la sua anestetizzata verità.
Giorgio Verzotti
Non abbiamo più un corpo che non sia definibile per intero a partire dall’abito, e anzi dalla “linea”, dallo stile in cui ci assottigliamo; ci specchiamo così nel vuoto perché lo scambio comporta il flusso e perciò la scomparsa delle resistenze, dei corpi solidi.
Così la pittura si fa leggera, si sdrammatizza o veicola quel dramma estraniato che informa i messaggi del sistema delle informazioni. … Desiderio, passione, bisogna passare attraverso questo assottigliamento e farsi agenti di mutazione, quasi impercettibile, ma continua. Non si tratta ovviamente di una educazione al gusto, si tratta piuttosto del dissolvimento di ogni comunità, assegnabile per esempio al gusto di un’epoca, in favore di uno scambio ininterrotto e impersonale d’intensità cutanee, di vertigini epidermiche. La pittura di Salvatore non dà peso alla propria storicità, con tale atto di riduzione del dramma sottrae emotività alle immagini e ne decreta la natura stereotipata.
… La pittura confonde i tratti e abolisce ogni gerarchia fra un tratto e l’altro, è di natura gestuale, è sintetica e corsiva. A volte, la scelta di una pittura materica, è di una ridondanza cromatica, annulla del tratto l’esistenza stessa, e il glamour resta come contorno, o come oggetto di parodia. Si opera per contaminazione fra segno e immagine, l segno è una perturbazione dell’assetto dell’immagine. I disegni, impeccabili come quelli di un figurinista, finiscono per definire le immagini, fanno perdere loro consistenza a causa di una ricercata retorica del non-finito, che destruttura e che non asseconda il loro connaturato voler darsi a vedere. Segni che non appartengono al linguaggio della pubblicità, immagini che non appartengono alla pittura.
Con questo scambio compiuto sulla superficie spumeggiante dei linguaggi d’artista, portando alle estreme conseguenze una logica interna am sistema e vendicare il corpo, la sua anestetizzata verità.
Giorgio Verzotti