Attenzione: accertate tracce dì balena in area lariana!
È ormai definitivamente assodato: sono state rintracciate consistenti tracce di balena nel lago di Como. Finalmente se ne hanno prove certe, palpabili, perché esibite ora inaspettatamente persino in una sorta grande icona-stendardo-monumento, che occupa dunque spazio diventando inquietante monitorio segnale. Una traccia scheletrica iscritta nel profilo della sua sagoma corporea, esibita entro un occhio di cilindro, molto meccanico e neutro. Le responsabilità di una tale inopinabile presenza sono state insomma finalmente chiarite, inequivocabilmente. A chi di dovere non sono infatti sfuggiti precedenti rinvenimenti, pur ormai a suo tempo archiviati e rimossi e che tuttavia hanno permesso di risalire senza ombra di dubbio a tale Salvatore Nicola, originario
dell'avellinese (ma residente a lungo a Salerno). La cui presenza era già stata infatti segnalata un paio di decenni fa in Como a seguito del fatto di avere sparso alcune immagini allarmanti infine incontrovertibilmente riconosciute dagli esperti per simili a grafiche sezioni scheletriche di tali monumentali cetacei. E la conferma se ne è avuta attraverso il rinvenimento ad un più attento controllo di buste da lettera sull'intestazione delle quali il Salvatore si spacciava per "elaboratore ossa di balene e affini". Accadeva esattamente nell'agosto 1978, nell'ex-colonia di San Fedele a Intelvi. Tutto fu comunque più chiaro poi, neanche due anni dopo, quando il Salvatore è stato rintracciato in una recidiva sua comparsa a Como, dove tuttavia sembra allora
avesse già preso addirittura stabile dimora, pare giacché implicato in provocatorie attività scolastiche. In quella sua riapparizione comasca del 1980, complice tale Dorfles Gillo, residente a Milano, estetologo, il Salvatore tentava di smerciare sempre le medesime immagini scheletriche di balene, tuttavia allora più o meno camuffate giacché immerse entro un contesto di pittura, fra segni e forme anche assai colorate. Non molti se ne resero conto ma in effetti forse proprio in tale congiuntura è avvenuto che tracce di balena fossero immesse proditoriamente nel Lario. Ma che fossero finite allora presumibilmente nel lago, e che forse proprio da lì siano attualmente in modo inopinato fatte riemergere (ma non è escluso neppure che il Salvatore le avesse celate proditoriamente nella propria cantina), non può del resto meravigliare più di tanto. Giacché, stando a quanto fu mostrato in quell'occasione, almeno agli addetti preposti ai lavori d'indagine, nel 1975 il predetto Salvatore (che è cognome, beninteso, relativo al nome Nicola; ma potrebbe ben essere anche il contrario: e certamente una tale possibile ambiguità inquieta e desta forti sospetti) aveva addirittura sparso analoghe immagini scheletriche di cetacei in alcune vie del centro storico di Salerno, incollando sui muri piccole sequenze di tali spoglie immagini disposte come si trattasse manifesti d'evidenza sì alquanto criptica ma d'intenzione chiaramente allarmante e sediziosa.
Operazione che si iscriveva in una sospetta prospettiva di attività estetica nella spazio sociale; allora particolarmente diffusa non soltanto in Italia (dove nel 1976 approdò nei Giardini veneziani in occasione della celebrata esposizione biennale). E immagini la cui persistenza, da quell'origine, dimostra intanto trattarsi molto probabilmente e in misura assai inquietante di qualcosa come uno slogan visivo, di quello che gli esperti chiamano un logo, esattamente mirato al coinvolgimento e forse al proselitismo a favore di un culto misterioso e singolare, e certamente del tutto sconcertante in area mediterranea. Corre tuttavia anche voce - non si è potuto appurare se diffusasi in quel medesimo momento o successivamente - che il Salvatore abbia insinuato la presenza di quella sorta di provocatorio virus immaginativo anche entro la dimensione di mura domestiche imprimendo quella medesima immagine scheletrica di balena su innocue tovaglie d'uso quotidiano. Qualche indizio sulla natura del grave rischio già allora implicito nella presenza di tali segnali poteva del resto anche venire da un testo apparso nel 1975 ripubblicato nel 1980 in una sorta di giornale (certamente sospetto perché imprendibile "numero unico"), intitolato "la Colonna", ove tale Crispolti Enrico, pare soltanto occasionalmente scrittore d'arte, ma certamente allora -come sembra anche poi - colluso con le predette attività nello spazio sociale (e tengo a dire soltanto omonimo dell'estensore di questa nota), esplicitamente parlava di "mostro" e insieme di "ironia". Vi si può infatti leggere: "Il mostro irrazionale capitato come qualcosa di profondamente eterogeneo in un orizzonte di ordine razionale, di controlli miniaturizzati, ecc. [...] presenza dell'incomposto, dello smisurato, dell'altro, di un mondo antico, recuperato in chiave di ironia, e di magicità popolaresca, da baraccone. L'ironia è dunque in questa presenza abnorme, come è nel processo analitico, e persino di riduzione vagamente didattica al quale è sottoposto. [...] l'approdo ironico è il momento chiarificante di un approccio dapprima analitico, quasi parascientifico. [...] l'incontro è dichiaratamente in chiave grottesca, esplode in una grafìa larga, quasi dimostrativa". Tuttavia per certo ancor più esplicitamente allarmante, rispetto ai tempi che oggi corrono, è quanto in quel medesimo sospetto "numero unico" impunemente era scritto in proposito da personaggio che si celava sotto le iniziali V.G. Vale a dire che "l'oggetto [e naturalmente leggasi: la balena] risulta messo a fuoco, al centro di un universale Bestiario, in funzione decisamente magica e apotropaica. 0 addirittura, politica, se si riconosce allo scheletro quella 'messa a nudo', quel valore di smascheramento della metafora Balena-Capitalismo, nel cui grande Ventre è imprigionato il biblioco Giona o il più modesto Pinocchio". Parole gravi e pericolose per l'ordine costituito e che rappresentano precedenti in grado oggi di acquistare nuovo valore di prova definitiva di una lunga e sospetta affezione, insomma di convinzioni e credenze che l'interessato ha in seguito a lungo cercato di tenere celate, di porre - come è oggi d'attualità dire - "in sonno". Infatti ha mimetizzato la propria attività dapprima in quella di un pittore vivacemente e immaginosamente del tutto interessato alla rappresentazione di fatti del quotidiano. E anni dopo - certamente per far perdere le proprie tracce, o almeno sicuramente mirando a confonderle - si è rifugiato nella costruzione di oggetti soprattutto metallici che inizialmente sembravano riconoscibili ma poi divenuti sempre più vicini a forme astratte e sempre più imponenti e allarmanti. La presenza dei quali oggetti metallici è stata peraltro negli anni segnalata in vari luoghi: una volta a Milano nel giardino botanico del Palazzo di Brera, una volta sopra ad Ancona alle falde del Conero addirittura in un noto albergo il cui nome non è qui consentito fare per non essere accusati di induzione pubblicitaria. Ecco perché non appare possibile avere dubbio alcuno sul fatto che l'autore di questo inopinato riaffiorare della presenza di tracce di cetacei in terra e acque comasche sia quel medesimo Salvatore Nicola. Il quale - occorre certamente registrarlo a suo discarico - riconosce comunque ora trattarsi di un'operazione "antilogica", e parla di "eterno ritorno" e di "mito proprio di una civiltà mediterranea". D'altra parte non può essere neppure sottaciuto il rischio di inaspettati collegamenti internazionali. Da anni infatti circolano in Europa e in tutto il mondo, a intervalli regolari, per normale via postale, cartelle contenenti apparentemente notizie stampa, con stampigliato in tutta evidenza quale logo istituzionale del mittente un'incontestabile perché inconfondibile immagine di profilo di una "megattera", cioè di una balenottera. Profilo sul quale appare chiaramente iscritta la parola "Kunst", che appropriate ricerche hanno accertato voler dire "arte". Dagli organi competenti è stato accertato che l'emittente risulta essere il Kunstmuseum di Wolfsburg. E che si tratti esattamente della città tedesca sede della produzione delle ben note automobili Volkswagen rende il fatto assai più inquietante e significativo. Infatti la scoperta del ricorrere di tracce di cetacei, perdi più di diversa tipologia, a distanza soltanto di centinaia di chilometri, al di qua come al di là delle Alpi, potrebbe costituire come un segnale da non sottovalutare e in qualche misura allarmante ma di cui resta comunque ancora da provare l'univocità di significato. Ci si può infatti chiedere se esista un sotterraneo accordo fra le balene comasche e le megattere wolfsburghiane? Al riguardo sono in corso indagini accurate affidate a strutture di "intelligence" internazionale. Intanto alcuni, che hanno memoria, sospettano che questuanti logica" celi di fatto una volontà di rifarsi all'intenzione contestativa sovversiva espressa dal Salvatore medesimo negli anni Settanta. Insomma, in tal caso, "antilogica" come contrapposizione alla "logica" del potere consumistico (dunque ancora l'assimilazione: Balena-Capitalismo?). Altri, più disarmati e ottimisti, interpretano semplicemente "antilogica" come possibile gioco dell'immaginazione, che liberamente evoca e ricorda. Resta da chiarire, a definitiva attenuante degli addebiti rivolti al predetto Salvatore, l'interrogativo posto dalle intenzioni che hanno motivato il medesimo a ritornare a proporre proprio in questa particolare congiuntura internazionale e nazionale la presenza, ironico-critico-dissacratoria-evocativo-farsesca-insolentemente mitica, della stereotipata sua scheletrica immagine di "balena". All'estensore di queste note viene infatti un dubbio: che il Salvatore abbia saputo per tempo che a Roma in Palazzo delle Esposizioni (obiettivo "sensibile", certo), quasi contemporaneamente alla sua nuova irruzione comasca, sarebbero stati di scena invece "Gli squali", indubbiamente molto più scenografici ed esplicitamente aggressivi? La fila per masochisticamente ammirarli pare superasse in lunghezza, nei giorni festivi, quella pur lunga per la grande mostra del Futurismo.
Squali in carne e ossa: esibizione di mordace potenza, di contro ad un grafico scheletro monumentale di balena: soltanto antica memoria di vitalità! Senza che riesca a chiarirne in modo del tutto convincente le ragioni, l'accostamento spinge inconsciamente l'estensore di questa notizia a rievocare angoscianti contrapposizioni da qualche tempo dai "mass media"somministrate quotidianamente.
Enrico Crispolti
Operazione che si iscriveva in una sospetta prospettiva di attività estetica nella spazio sociale; allora particolarmente diffusa non soltanto in Italia (dove nel 1976 approdò nei Giardini veneziani in occasione della celebrata esposizione biennale). E immagini la cui persistenza, da quell'origine, dimostra intanto trattarsi molto probabilmente e in misura assai inquietante di qualcosa come uno slogan visivo, di quello che gli esperti chiamano un logo, esattamente mirato al coinvolgimento e forse al proselitismo a favore di un culto misterioso e singolare, e certamente del tutto sconcertante in area mediterranea. Corre tuttavia anche voce - non si è potuto appurare se diffusasi in quel medesimo momento o successivamente - che il Salvatore abbia insinuato la presenza di quella sorta di provocatorio virus immaginativo anche entro la dimensione di mura domestiche imprimendo quella medesima immagine scheletrica di balena su innocue tovaglie d'uso quotidiano. Qualche indizio sulla natura del grave rischio già allora implicito nella presenza di tali segnali poteva del resto anche venire da un testo apparso nel 1975 ripubblicato nel 1980 in una sorta di giornale (certamente sospetto perché imprendibile "numero unico"), intitolato "la Colonna", ove tale Crispolti Enrico, pare soltanto occasionalmente scrittore d'arte, ma certamente allora -come sembra anche poi - colluso con le predette attività nello spazio sociale (e tengo a dire soltanto omonimo dell'estensore di questa nota), esplicitamente parlava di "mostro" e insieme di "ironia". Vi si può infatti leggere: "Il mostro irrazionale capitato come qualcosa di profondamente eterogeneo in un orizzonte di ordine razionale, di controlli miniaturizzati, ecc. [...] presenza dell'incomposto, dello smisurato, dell'altro, di un mondo antico, recuperato in chiave di ironia, e di magicità popolaresca, da baraccone. L'ironia è dunque in questa presenza abnorme, come è nel processo analitico, e persino di riduzione vagamente didattica al quale è sottoposto. [...] l'approdo ironico è il momento chiarificante di un approccio dapprima analitico, quasi parascientifico. [...] l'incontro è dichiaratamente in chiave grottesca, esplode in una grafìa larga, quasi dimostrativa". Tuttavia per certo ancor più esplicitamente allarmante, rispetto ai tempi che oggi corrono, è quanto in quel medesimo sospetto "numero unico" impunemente era scritto in proposito da personaggio che si celava sotto le iniziali V.G. Vale a dire che "l'oggetto [e naturalmente leggasi: la balena] risulta messo a fuoco, al centro di un universale Bestiario, in funzione decisamente magica e apotropaica. 0 addirittura, politica, se si riconosce allo scheletro quella 'messa a nudo', quel valore di smascheramento della metafora Balena-Capitalismo, nel cui grande Ventre è imprigionato il biblioco Giona o il più modesto Pinocchio". Parole gravi e pericolose per l'ordine costituito e che rappresentano precedenti in grado oggi di acquistare nuovo valore di prova definitiva di una lunga e sospetta affezione, insomma di convinzioni e credenze che l'interessato ha in seguito a lungo cercato di tenere celate, di porre - come è oggi d'attualità dire - "in sonno". Infatti ha mimetizzato la propria attività dapprima in quella di un pittore vivacemente e immaginosamente del tutto interessato alla rappresentazione di fatti del quotidiano. E anni dopo - certamente per far perdere le proprie tracce, o almeno sicuramente mirando a confonderle - si è rifugiato nella costruzione di oggetti soprattutto metallici che inizialmente sembravano riconoscibili ma poi divenuti sempre più vicini a forme astratte e sempre più imponenti e allarmanti. La presenza dei quali oggetti metallici è stata peraltro negli anni segnalata in vari luoghi: una volta a Milano nel giardino botanico del Palazzo di Brera, una volta sopra ad Ancona alle falde del Conero addirittura in un noto albergo il cui nome non è qui consentito fare per non essere accusati di induzione pubblicitaria. Ecco perché non appare possibile avere dubbio alcuno sul fatto che l'autore di questo inopinato riaffiorare della presenza di tracce di cetacei in terra e acque comasche sia quel medesimo Salvatore Nicola. Il quale - occorre certamente registrarlo a suo discarico - riconosce comunque ora trattarsi di un'operazione "antilogica", e parla di "eterno ritorno" e di "mito proprio di una civiltà mediterranea". D'altra parte non può essere neppure sottaciuto il rischio di inaspettati collegamenti internazionali. Da anni infatti circolano in Europa e in tutto il mondo, a intervalli regolari, per normale via postale, cartelle contenenti apparentemente notizie stampa, con stampigliato in tutta evidenza quale logo istituzionale del mittente un'incontestabile perché inconfondibile immagine di profilo di una "megattera", cioè di una balenottera. Profilo sul quale appare chiaramente iscritta la parola "Kunst", che appropriate ricerche hanno accertato voler dire "arte". Dagli organi competenti è stato accertato che l'emittente risulta essere il Kunstmuseum di Wolfsburg. E che si tratti esattamente della città tedesca sede della produzione delle ben note automobili Volkswagen rende il fatto assai più inquietante e significativo. Infatti la scoperta del ricorrere di tracce di cetacei, perdi più di diversa tipologia, a distanza soltanto di centinaia di chilometri, al di qua come al di là delle Alpi, potrebbe costituire come un segnale da non sottovalutare e in qualche misura allarmante ma di cui resta comunque ancora da provare l'univocità di significato. Ci si può infatti chiedere se esista un sotterraneo accordo fra le balene comasche e le megattere wolfsburghiane? Al riguardo sono in corso indagini accurate affidate a strutture di "intelligence" internazionale. Intanto alcuni, che hanno memoria, sospettano che questuanti logica" celi di fatto una volontà di rifarsi all'intenzione contestativa sovversiva espressa dal Salvatore medesimo negli anni Settanta. Insomma, in tal caso, "antilogica" come contrapposizione alla "logica" del potere consumistico (dunque ancora l'assimilazione: Balena-Capitalismo?). Altri, più disarmati e ottimisti, interpretano semplicemente "antilogica" come possibile gioco dell'immaginazione, che liberamente evoca e ricorda. Resta da chiarire, a definitiva attenuante degli addebiti rivolti al predetto Salvatore, l'interrogativo posto dalle intenzioni che hanno motivato il medesimo a ritornare a proporre proprio in questa particolare congiuntura internazionale e nazionale la presenza, ironico-critico-dissacratoria-evocativo-farsesca-insolentemente mitica, della stereotipata sua scheletrica immagine di "balena". All'estensore di queste note viene infatti un dubbio: che il Salvatore abbia saputo per tempo che a Roma in Palazzo delle Esposizioni (obiettivo "sensibile", certo), quasi contemporaneamente alla sua nuova irruzione comasca, sarebbero stati di scena invece "Gli squali", indubbiamente molto più scenografici ed esplicitamente aggressivi? La fila per masochisticamente ammirarli pare superasse in lunghezza, nei giorni festivi, quella pur lunga per la grande mostra del Futurismo.
Squali in carne e ossa: esibizione di mordace potenza, di contro ad un grafico scheletro monumentale di balena: soltanto antica memoria di vitalità! Senza che riesca a chiarirne in modo del tutto convincente le ragioni, l'accostamento spinge inconsciamente l'estensore di questa notizia a rievocare angoscianti contrapposizioni da qualche tempo dai "mass media"somministrate quotidianamente.
Enrico Crispolti