La radice concettuale
«Che Nicola Salvatore» afferma infatti Luciano Caramel «per molti anni pittore, si sia da tempo "riciclato" in scultore, è tutt'altro che inusuale e sorprendente per un artista della sua età, formatosi entro particolari coordinate cronologiche e culturali, di ridiscussione, tra l'altro, degli statuti linguistici dell'arte. Comprendere il senso di tale attitudine al mutamento di registro espressivo, di tecniche operative vuol dire anzi entrare nel senso di tutto il suo lavoro, anche di quello pittorico. Nicola Salvatore nasce nel 1951 : la sua formazione avviene quindi in ambito concettuale, e questa radice concettuale spiega molte cose, nel suo lavoro di ieri e di oggi. Non si trattava del concettuale nel suo momento più teorico, nel suo momento più puro, ma di un concettuale che stava già andando oltre se stesso. E' il medesimo atteggiamento mentale che innerva il lavoro della Transavanguardia nella seconda metà degli Anni Settanta, tra pittura e pensiero, come le contemporanee prime importanti opere di Salvatore. Si tratta di collages su carta realizzati assemblando delle pellicole, delle fotografie con dei disegni, facendo quindi un lavoro che non vuole essere pittorico in modo tradizionale, ma in cui, accanto ad una classificazione di matrice concettuale, c'era comunque una parte manuale, un intervento in senso lato pittorico. Non sono opere rivolte alla piacevolezza della pittura - un fine che Nicola Salvatore potrebbe anche perseguire in quanto ha delle doti pittoriche davvero innate - ma lavori in cui l'elemento classificatorio esercita una sorta di controllo sulla componente espressiva, generando una pittura di pensiero. A queste opere fanno seguito altre che appaiono in linea con la pittura degli anni Ottanta, opere in cui, al di ià della gioia di dipingere, dell'urgenza di dipingere, c'è pur sempre uno scatto mentale. Ma è un momento, questo, tutto particolare nel percorso di Salvatore. Già alla fine degli anni Ottanta ecco le opere con le coperte, in cui viene ripreso il discorso avviato negli anni Settanta, non però su di un piano pittorico, ma oggettuale. L'assemblaggio di oggetti eterogenei e la loro studiata collocazione nello spazio costituisce una novità, nel percorso di Nicola Salvatore, che porta agevolmente alle sculture. Ma, anche in questo caso, si tratta di opere refrattarie ad una precisa definizione di genere: sono sculture che non sono sculture, sculture nel senso che hanno un ingombro tridimensionale. In queste opere non c'è un lavoro che sia affidato al 'porre' o al levare', ma piuttosto al saldare, all' incastrare, al collegare elementi eterogenei con libertà ed energia dentro una struttura. Ci sono poi anche altre sculture, realizzate negli stessi anni, che radicalizzano un desiderio dì intervento nello spazio: penso, ad esempio, al Faro del 1996 per l'uscita Como Sud dell'Autostrada dei Laghi, che è un' opera che ha delle ambizioni di qualificazione ambientale e urbanistica. E' la via, iniziata sempre negli anni Settanta, che porta anche a questi interventi, in cui la scultura sa essere monumentale senza gli attributi negativi della monumentalità, senza i suoi aspetti connotativi. Nicola Salvatore tenta con coraggio e disinvoltura anche strade difficili come queste. Non mi meraviglierei affatto, però, se tornasse alla pittura, una pittura che, naturalmente, non sarebbe pittura nel senso convenzionale del termine...»
Gillo Dorfles: l'ambiguità del genio
Un'analoga considerazione direi quasi 'evolutiva' del percorso di Salvatore è formulata da Gillo Dorfles, che individua, un aspetto peculiarmente mutevole del nostro artista. "Per capire meglio come si presenta oggi l'opera di Nicola Salvatore", secondo Dorfles, "bisogna comunque fare un passo indietro. Perché una delle caratteristiche del lavoro di questo artista è stata quella di attraversare almeno tre periodi l'uno molto diverso dall'altro; tanto per intenderci, il cosiddetto periodo delle balene, il cosiddetto 'periodo delle figure femminili postespressioniste e il cosiddetto 'periodo delle ombre', tre periodi molto diversi, che denotano nell'artista una caratteristica allo stesso tempo positiva e negativa: ossia il suo notevole talento. Alle volte tra genio e talento c'è un dissidio. Nel caso di Nicola è accaduto che la sua abilità tecnica e la sua notevole capacità figurativa, lo ha portato alle volte a delle operazioni che poi sono risultate transitorie. Credo che solo con la fase attuale Nicola abbia trovato il giusto equilibrio, anche se, a mio parere, il periodo delle ombre, soprattutto quando queste ombre sono diventate tridimensionali, ha avuto un'importanza notevole, perché ha messo in luce come l'artista - partito da un'impostazione concettuale - ha raggiunto una realizzazione astratta, a prescindere da ogni retaggio figurativo precedente. In questa ultima fase di strutture metalliche realizzate con elementi di recupero, è inevitabile pensare ai grandi precedenti di Colla, e di tutti gli scultori che si sono serviti del metallo o di strutture preesistenti, recuperate attraverso l'opera d'arte. Ma nel caso di Nicola questo recupero avviene in un modo diverso, perché i singoli elementi sono metamorfosati, sono piegati già in partenza a raggiungere un significato preciso. Alcuni di questi oggetti - ad esempio il grande cucchiaio o la superficie forata come fosse un setaccio -mi sono apparsi molto congeniali "Avevo scritto, tempo fa, un libro che si chiamava 'Il feticcio quotidiano': penso che oggi alcune di queste opere potrebbero essere usate come illustrazioni di quel libro."
Luciano Caramel
Gillo Dorfles: l'ambiguità del genio
Un'analoga considerazione direi quasi 'evolutiva' del percorso di Salvatore è formulata da Gillo Dorfles, che individua, un aspetto peculiarmente mutevole del nostro artista. "Per capire meglio come si presenta oggi l'opera di Nicola Salvatore", secondo Dorfles, "bisogna comunque fare un passo indietro. Perché una delle caratteristiche del lavoro di questo artista è stata quella di attraversare almeno tre periodi l'uno molto diverso dall'altro; tanto per intenderci, il cosiddetto periodo delle balene, il cosiddetto 'periodo delle figure femminili postespressioniste e il cosiddetto 'periodo delle ombre', tre periodi molto diversi, che denotano nell'artista una caratteristica allo stesso tempo positiva e negativa: ossia il suo notevole talento. Alle volte tra genio e talento c'è un dissidio. Nel caso di Nicola è accaduto che la sua abilità tecnica e la sua notevole capacità figurativa, lo ha portato alle volte a delle operazioni che poi sono risultate transitorie. Credo che solo con la fase attuale Nicola abbia trovato il giusto equilibrio, anche se, a mio parere, il periodo delle ombre, soprattutto quando queste ombre sono diventate tridimensionali, ha avuto un'importanza notevole, perché ha messo in luce come l'artista - partito da un'impostazione concettuale - ha raggiunto una realizzazione astratta, a prescindere da ogni retaggio figurativo precedente. In questa ultima fase di strutture metalliche realizzate con elementi di recupero, è inevitabile pensare ai grandi precedenti di Colla, e di tutti gli scultori che si sono serviti del metallo o di strutture preesistenti, recuperate attraverso l'opera d'arte. Ma nel caso di Nicola questo recupero avviene in un modo diverso, perché i singoli elementi sono metamorfosati, sono piegati già in partenza a raggiungere un significato preciso. Alcuni di questi oggetti - ad esempio il grande cucchiaio o la superficie forata come fosse un setaccio -mi sono apparsi molto congeniali "Avevo scritto, tempo fa, un libro che si chiamava 'Il feticcio quotidiano': penso che oggi alcune di queste opere potrebbero essere usate come illustrazioni di quel libro."
Luciano Caramel